L’Ordinarietà dell’Emergenza

Emergenza sanitaria, emergenza idrica, emergenza energetica, emergenza sociale… ci confrontiamo ormai ogni giorno con l’ordinarietà dell’emergenza.
Come Tarzan che salta di liana in liana, ci lanciamo da un’emergenza all’altra con velocità e destrezza.
L’ordinarietà dell’emergenza riempie le nostre giornate.
La nostra abilità nel fronteggiarla consiste nel trovare toppe per coprire buchi sempre più grandi. La scelta del tessuto e delle cuciture è affidata a chi avrebbe il compito di proporre e attuare soluzioni. Alle nostre menti più brillanti… Tanto ormai va bene tutto.
Risorse naturali, risorse energetiche, risorse economiche, risorse sanitarie… Le risorse ci permettono di soddisfare bisogni e raggiungere obiettivi. Qual è il momento in cui percepiamo come emergenza la riduzione o il danneggiamento di una risorsa?
Quali sono i limiti e le credenze che fanno scattare l’allarme “emergenza”? Quali gli obiettivi ancora da raggiungere con quelle risorse?
Limiti da rispettare o limiti da superare?
Sembra ci siano situazioni in cui dovremmo “limitarci”, come per l’emergenza idrica ed energetica. E poi sembra ce ne siano altre in cui invece dovremmo “espanderci” come per l’emergenza economica e quella previdenziale. Notate qualche incongruenza?
La coerenza delle nostre idee e obiettivi plasma i nostri comportamenti e l’ambiente che ci circonda. E infatti si vede.
Corriamo dietro alle varie emergenze senza arrivare da nessuna parte. Siamo in mezzo a un fuoco incrociato e l’unica garanzia è quella di prendere schiaffoni sia da una parte che dall’altra. Alcuni abbassano la testa per schivare i colpi. Altri per non vedere.
Al di là della discutibilità educativa ed etica, uno schiaffo mira a indirizzare il comportamento altrui in una determinata direzione… Ma cosa succede quando gli schiaffi ci spingono continuamente in direzioni contrapposte?
Può succedere, per esempio, che chi riceve stimoli opposti in modo continuativo sia più propenso a sviluppare disagi e disturbi di vario genere. Questi insieme ad altri elementi possono “contagiare” intere comunità.
Quindi che si fa?
E allora che si fa?
Possiamo spaventarci e farci destabilizzare come pecorelle indifese.
Oppure possiamo diventare predatori per accaparrarci le risorse rimaste a scapito delle pecorelle di turno.
Ma possiamo anche rifiutarci di essere in balia dell’ambiente. Possiamo ancorare il nostro equilibrio e la nostra forza a qualcosa di più stabile e profondo di quello che succede all’esterno…
Possiamo farlo per non diventare come la pallina di un flipper e non farci travolgere dall’ennesima emergenza.